Non è semplice narrare calcisticamente di Mario Balotelli al netto dei fattori extra-campo, o comunque di campo ma extra-giocato. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo, e la morbosità che gli si muove intorno (non del tutto a torto) fa impennare le descrizioni estreme sia quando le cose vanno bene che quando vanno male. Balotelli resta però un calciatore, non un animatore, e per quello che fa sul terreno di gioco va valutato. Sempre che interessi parlare di calcio.
Ecco allora l’identikit di questo centravanti (attaccante è limitativo: non gli piace accorciare, non gli piace andare per linee esterne, non gli piace fare assist tant’è che in 30 e rotti mesi di Premier al Manchester City ne ha confezionato in tutto la bellezza di 1). Fino al match con il Napoli si sapeva che gli piaceva tirare i rigori, praticamente infallibile, ma a prescindere dalla neutralizzazione di Reina resta comunque troppo poco.
La verità che avanza, sempre più evidente salvo nuovi allenatori che lo convincano che può fare qualcosa di diverso (Allegri in questo senso non pare essere l’uomo giusto), resta quella di un Balotelli non troppo dissimile, a 23 anni, dal giocatore che esplose nell’Inter a partire dalla categoria Allievi, a 16 anni, dove poi bruciò le tappe fino ad allenarsi con Mancini in prima squadra.
Lui pare essere sempre lo stesso, e invece dovrebbe evolvere: grandi soluzioni dalla distanza, una certa staticità per lo meno senza pallone tra i piedi, combattente soltanto fino al primo contrasto, piuttosto lamentoso, eppure uomo dall’enorme senso del gol. Con lui in campo, senza un impianto alle sue spalle super-collaudato, la squadra si allunga vistosamente. E questo nel calcio di oggi è un enorme problema per una formazione (ora il Milan, ma successe anche in Inghilterra e soprattutto al City in Europa) che cerca di sopravvivere di sole fiammate.
Beninteso: le doti non mancano (ma le squalifiche fioccano) ed è indiscutibile il talento naturale. Ma esempi di calciatori rimasti sostanzialmente ciò che erano a vent’anni, per quanto forti, ne sono pieni gli almanacchi. E raramente hanno scritto la storia. Sarebbe bene che qualcuno a Mario gliela insegnasse una volta per tutte.
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